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Maritombola 14 (Multifandom Flashfics & Drabbles)

Summary:

Capitolo 1 (ITA): Crossover SkamIT&Un Prof
Capitolo 2 (ITA): Un Professore - Mimmo POV (post S2, angst)
Capitolo 3 (ITA): Un Professore - Simone POV (post S2, fluff)
Capitolo 4 (ITA): Un Professore - Simone POV (post S2, angst)
Capitolo 5 (ITA): Un Professore - Mimmo POV (post S2, fluff)
Chapter 6 (ENG): Loki - Mobius POV (post S2, angst)
Chapter 7 (ENG): Loki - Loki POV (post S2, angst)
Chapter 8 (ENG): Hotel Portofino - Nish's POV (post S1, fluff)
Chapter 9 (ENG): Roswell New Mexico - Alex's POV (post S4, fluff)
Capitolo 10 (ITA): Medici: The Magnificient - Francesco's POV (Modern!AU)
Chapter 11 (ENG): Charmed, Chris's POV (end of S6)
Capitolo 12 (ITA): Skam Italia, Martino's POV (prompt: gelosia)
Capitolo 13 (ITA): Skam Italia, Niccolò's POV (prompt: giraffa)
Chapter 14 (ENG): 911 Lone Star - TK's POV (S3, prompt: hypothermia)
Chapter 15 (ENG): The Good Place, Michael's POV (post ending)

Notes:

Scritta per il prompt #27 (Roma) della Maritombola 14 di Landedifandom

Chapter 1: Due raggi di sole in una Roma uggiosa

Chapter Text

Quanti cazzo di milioni di abitanti ci sono, in questa città?
Almeno un paio, se non di più. Informazioni superflue che il suo cervello ha rimosso non appena ne ha avuto l’occasione. Sono altri i dettagli che vale la pena ricordare. Dove si trova la Gay Street, ad esempio. O San Giovanni. La vista delle luci dal tetto del liceo Kennedy e il modo per entrarci di soppiatto, qualche giorno prima di Natale.
La strada percorsa verso la piscina dove si sono scambiati il primo bacio e tutti gli angoli e gli anfratti dove si sono scambiati i successivi. Che ormai sono diventati parecchi.
Ecco. Tutto il resto via. Resettato completamente.
Un po’ come tutte le robe che ha letto per gli esami, visto che poi nel suo lavoro gli sarà servito lo 0,01% di quanto studiato a scuola e in Università. Il più delle sue abilità le ha acquisite sul campo. Ma non è questo il punto. Non è lui il punto.
No. Sono quei due.

Cioè. Per quale assurdo scherzo del fato si sono incontrati, il pianista e il trapperino neomelodico campano? Tra tutti i licei in cui Niccolò doveva andare a lavorare, nella sezione serale, proprio all’artistico dove si era iscritto ‘sto criminale redento?
Ben venga il riscatto del proprio passato, chiudere con le vecchie storie ed iniziarne una nuova e diventare artefici del proprio destino… Ma proprio con il suo e quello di Nico doveva incrociarsi?
Bah.
Che poi Martino lo vorrebbe incenerire con lo sguardo ogni volta che lui e Niccolò si mettono a parlottare ma poi li vede sorridere e non gli riesce. Gliela legge sul volto, la reciproca felicità di aver trovato un amico con cui condividere la passione per la musica e per la letteratura.

Sembra già si stessero simpatici, non essendo troppo distanti come età, e che poi abbiano legato dopo la discussione in classe di un brano tratto da “Gerusalemme Liberata”. Il duello in cui Tancredi uccide Clorinda, a quanto pare. Valli a capire.

Forse aiuta anche quella mano sulla spalla e l’offerta di un’altra birra da parte di Simone, il ragazzo di Mimmo. Che gli ha raccontato quanto sia stato sofferto il loro lieto fine. Ben più di quanto abbiano mai patito lui o Nico. Non se lo farebbe certo soffiare sotto il naso dal primo professore con un bel faccino.

Quindi… Non c’è nulla da temere. Solo bearsi del calore di quei due raggi di sole nel grigiore del tran tran quotidiano.
Giusto?

Chapter 2: Chi mi riparlerà di domani luminosi?

Summary:

Un breve scorcio nella mente di Mimmo, prima di dovergli dire addio (o soltanto arrivederci, spero!) alla fine della S2.
Dato il prompt poteva essere una fic sull'afterglow, ed invece...

Notes:

Scritta per il prompt #13 (Letto Disfatto) della Maritombola 14

(See the end of the chapter for more notes.)

Chapter Text

Corri. Scappa. E se non riesci a scappare, cerca protezione in chi è più forte di te.
Sopravvivi. Ad ogni costo, con ogni mezzo. Fatti piegare, per non spezzarti.
Sono queste le lezioni che la vita gli ha impartito, tra labbra sanguinanti e nasi rotti.
Molosso l’ha visto, come lo guardavano appena aveva messo piede nella casa circondariale. Ha notato subito come gli altri carcerati avessero puntato la nuova “principessina” arrivata da Napoli.
Non l’aveva protetto soltanto dalle risse, e di questo avrebbe dovuto essergli grato. Riconoscente. Non venderlo come un infame quando la posta in gioco si era fatta troppo alta e aveva intravisto la possibilità di un futuro con Simò.
Ovvio che poi avesse preferito evitare di chiamare sua madre, prima di sparire. Come avrebbe potuto dirle che aveva paura?

Ben gli stava. Con che coraggio si guardava ancora allo specchio, dopo quello che aveva fatto?
Il Professore e la guardia potranno anche avergli detto che ha fatto la cosa giusta, ma a lui non pare proprio. Sarebbe stato meglio nascondersi nel letto di Simone finché non si fossero calmate le acque.
Dio, come vorrebbe tornare indietro a quel pomeriggio con lui. Ad accarezzargli il viso in quel letto disfatto, ad imprimere a fuoco nella sua memoria ogni suo più piccolo particolare. Ogni neo, ogni cicatrice. Il suono della sua voce. Il suo sapore. Il suo odore. Già, ormai pure quello stava svanendo dai suoi vestiti. Avrebbe dovuto essere più egoista e chiedergliene degli altri. Tanto ormai…

Dimenticherà anche come arrossiva fin sulla punta delle orecchie, quando lo chiamava “amò”?
Non vuole. Non può.
Ma quando mai ha contato qualcosa la sua volontà? Quando mai è stato capace di qualcosa che non fosse fallire miseramente?
Vale la pena lasciare il suo bozzolo di lenzuola, per azioni futili quali mangiare e lavarsi?
Non ne è più così sicuro. Non ora che non c’è più nessuno a far scorrere le dita tra i suoi capelli, a cercare riparo da quel mondo incasinato che li circondava nell’incavo del suo collo.
Vorrebbe almeno avere la possibilità di chiamarlo, di scrivergli. Di mandargli le musicassette piene di canzoni che glielo ricordano, manco fosse un teenager degli anni ‘90.
Invece no. L’hanno costretto a sparire, a tagliare tutti i ponti. Ad uccidere Domenico Bruni con le sue stesse mani. E un morto non le fa, le telefonate. Non può spedire alcuna missiva.

Nessuno gli riparlerà più di domani luminosi, in cui sarebbero andati a concerti mano nella mano. In cui i Balestra sarebbero stati anche la sua, di famiglia.
Che illuso. Chi troppo vuole nulla stringe.
Si è avvicinato troppo al sole, e le sue ali si sono miseramente sciolte.

Notes:

Sia il titolo sia una domanda in particolare che si pone Mimmo sono prese da "Cantico Dei Drogati" di Fabrizio De André

Chapter 3: Se questa città non dorme, allora siamo in due

Summary:

Per compensare la flashfic tragica di prima, una drabble più speranzosa dal POV di Simone.

Notes:

Scritta per il prompt #58 (Il Conforto - Tiziano Ferro feat. Carmen Consoli) della Maritombola 14 di Landedifandom

Chapter Text

Per pesare il cuore con entrambe le mani mi ci vuole un miraggio. Quel conforto che ha che fare con te. (Il Conforto - T.F. feat. C.C.)

*****************************************

Ci sono notti in cui fatica a prendere sonno. In cui mette sul walkman mezzo scassato di suo padre la musicassetta che Mimmo non aveva fatto in tempo a preparargli. L’ha messa insieme da solo, seguendo le istruzioni che si erano scambiati in quelle ore che ormai paiono essere state soltanto un sogno.

Ci sono stati attimi, allora, in cui l’avrebbe voluto ammanettare al letto. Dimostrargli tutta la sua gratitudine, per i giorni a venire.
Mai nessuno l’aveva fatto sentire così, con il cuore pieno d’amore ma leggero al tempo stesso. Perché quando erano insieme il resto dell’universo smetteva di avere importanza e le più che valide preoccupazioni di Mimmo — che non erano certo rivolte a una cotta non corrisposta, alla prossima incombente verifica o agli scazzi con i genitori… come avrebbero dovuto essere alla loro età — sparivano. O almeno, Simone sperava che si attutissero un poco. Che stargli vicino gli desse lo stesso conforto che sentiva lui. Perché non era giusto che su quelle labbra non ci fosse sempre un sorriso. Che non ridesse di gusto come quando, a forza di rotolarsi sul materasso, erano caduti entrambi dal letto.

Pensare che s’era convinto che l’amore fosse un sentimento violento, che ti devasta e ti prosciuga dentro. Fiamme ardenti, che ti lasciano scottato.
Perché era l’amicizia, invece, che riempie di tepore e di serenità. Che ti fa sentire in pace con il mondo. Giusto? E invece no.
Non aveva proprio capito un cazzo, fino a quel pomeriggio. In cui non s’era dovuto pentire di essersi messo letteralmente a nudo, di aver lasciato cadere ogni sua difesa.

Quegli attimi in cui lo avrebbe voluto tenere per sempre legato a sé, che poi sono passati.
Perché Mimmo merita un cielo sconfinato e non le quattro mura di una stanza. L’opportunità di diventare chiunque voglia essere. Tutto ciò che la vita gli ha negato finora.

E magari in quel futuro, prima o poi, ci potrà essere anche Simone.
Perché no? Tutto può succedere.

Chapter 4: Dammi solo anestetici sorrisi

Summary:

Nata da questo post su Tumblr: QUI
Ho però preferito darci un taglio più angst per via del prompt della Maritombola che ho deciso di usare come concetto chiave.

Notes:

Scritta per il prompt #63 (Ossessione) della Maritombola 14 di Landedifandom

(See the end of the chapter for more notes.)

Chapter Text

Com’è già quel modo di dire? La lingua batte dove il dente duole?
Già. E il pensiero torna dove non dovrebbe, dove il cuore s’incrina per poi spezzarsi in decine di frammenti e l’unica persona di cui si fiderebbe abbastanza da chiedergli di dargli una mano a sistemare i cocci è proprio la sola che non può assolutamente contattare.

Suo padre gli consiglierebbe di prendere esempio da Bonhoeffer e dimenticarsi della loro esistenza, per poter sopravvivere ed andare avanti.
Mamma gli direbbe di non restare ancorato al passato, di non avere paura di aprirsi a nuove opportunità. Soltanto così, quando meno se l'aspetta, troverà l'anima gentile che saprà rimetterlo in sesto.
Un po' gli manca, l'intesa che aveva con Laura. Lei, magari, capirebbe.

Ora come ora, l'unico amico che definirebbe tale è Manuel.
E lui, lo sa, è più per il nasconderli sotto il tappeto quei cocci. Oppure per raccoglierli tutti e gettarli direttamente nella spazzatura.

“E che è? Vedi Napoli e poi muori? A ‘na certa, la vita va avanti, Simò." Gli ha detto, alzando gli occhi al cielo, quando ha visto i suoi occhi farsi lucidi per una stupidissima email da parte di eBay. E lui ha sorriso, come se fosse chissà quale battuta, perché di farsi nuovamente prendere per il culo per i suoi sentimenti anche no, grazie.

Ormai è al limite dell’ossessione, se ne rende conto. Forse l’ha ampiamente superato.
Lo vede ovunque, seppur sia perfettamente cosciente che non può certo essere già tornato a Roma. Sente riecheggiare i suoi singhiozzi ogni volta che chiude gli occhi. Torna sulle labbra il sapore amaro delle lacrime e vorrebbe sfasciare tutto quanto intorno a sé, tanta è la rabbia che prova. Saperlo al sicuro non è abbastanza. Vorrebbe saperlo felice. E non capisce, non capisce perché cazzo l’universo abbia dato un finale da favola a chiunque tranne che a loro due.
Non si è già accanito abbastanza verso entrambi, in questi anni?
Evidentemente no.

Perciò si aggrappa ai ricordi.
Non dovrebbe, ma è più forte di lui.
Rigirare il coltello nella piaga e gettare sale sulle ferite è ormai diventata la sua specialità.

Ripensa a quel suo sorriso quasi beffardo, di sfida, dopo il loro primo bacio.
Quasi a dirgli “attento, che mo’ ti rubo il cuore”, come se già non l’avesse fatto dall’istante in cui si sono stretti la mano nei corridoi della scuola.
Ripensa alla sicurezza con cui gli aveva detto che presto sarebbero stati liberi di vedersi quando volevano. A quell’occasione persa di dirgli ‘ti amo’, prima che chiudesse la chiamata.
Ripensa al suo sorriso, alle sue carezze. A come gli tremavano le mani quando era in ansia. Al modo in cui cercasse di calmarsi aggrappandosi alla sua camicia o alla sua giacca.

L’ultimo affronto del destino nei suoi confronti sarebbe far sì che perda memoria di quegli attimi.
Non permetterà che ciò accada.
Mai e poi mai.

Notes:

Il titolo è collegato al prompt, vediamo chi indovina da dove viene ;)?

Chapter 5: Until we meet again

Summary:

Simone ha lasciato un segno indelebile in lui, perciò Mimmo decide di metterlo nero su bianco. Sulla sua pelle.

Notes:

Scritta per il prompt #53 (Tattoo - Loreen) della Maritombola 14 di Landedifandom

 

Le mani che tolgono e le mani che danno è un parallelismo stupendo che ho visto su Tumblr: QUI

(All'ESC 2023 le mie preferenze erano altre, ma bisogna ammettere che questa canzone ci va a nozze con i Mimmone)

(See the end of the chapter for more notes.)

Chapter Text

All I care about is you / You're stuck on me like a tattoo
No, I don't care about the pain / I'll walk through fire and through rain / Just to get closer to you
(Tattoo - Loreen)

*****************************************

Si guarda sempre le spalle, i primi giorni.
Poter andare dove gli pare, tranne che tra le braccia di Simone, gli pare un assurdo scherzo del destino. Ma ai tiri mancini della vita lui ormai c’ha fatto il callo e se c’è una cosa che sente da aver imparato dai Balestra — prima dal professo’ e poi dal figlio — e che un po’ se lo merita di non vivere sempre alla giornata, arrangiandosi come può, ma di guardare avanti con un leggero pizzico di speranza.
Dove un anno fa avrebbe visto un muro invalicabile, circondato da guardie corrotte, ora intravede un ragazzo su una Vespa bianca pronto a porgergli il casco. E quando ormai aveva dimenticato quanto conforto desse una carezza, avendo ricevuto l’ultima giusto prima che mamma gli dicesse che basta, non riusciva a venire a trovare il suo bambino lì dentro e che s’era fatto il tempo di lasciarlo andare e che diventasse un uomo — ma nessuno gli aveva insegnato come si fa, dove cazzo è il libretto d’istruzioni? — ecco che Simone lo aveva sfiorato come qualcosa di prezioso e che vale la pena difendere.
Gli ha ricordato che non esistono soltanto le mani che tolgono, ma anche quelle che danno.

C’è e ci sarà sempre una mano tesa verso di lui. Non è granché, ma è molto più di quello che si sarebbe mai aspettato.
Un pensiero che lo aiuta ad alzarsi dal letto la mattina e andare al lavoro. Il programma gli ha trovato impiego in una scuola — ironia della sorte, o zampino di Pantera? — piena di ragazzi non poi così diversi da lui. Che credono nella legge del più forte e che il rispetto ce lo si guadagni a pugni e calci. Ma i più hanno soltanto bisogno di qualcuno che li sappia ascoltare, che li sappia far ragionare senza fargli il predicozzo. Che sedi le risse ricordando loro che quando la persona è zero, l’offesa è nulla. Un po’ come era per lui con quella testa di cazzo che voleva tenerlo lontano da Simò… E che a volte uno non si tiene, a volte le mazzate volano, ma alla fine basta che nessuno finisca in ospedale.
Non credeva di essere portato per questo ruolo, ma sta imparando in fretta. E sentendoli parlare dei loro scazzi con i prof pensa che, forse, non sarebbe male iscriversi ad un serale. Ormai non ci vanno solo più i vecchi, gli han detto, ma anzi certi prof sbuffano perché è diventato il diplomificio per chi ha perso anni nel diurno.
Cosa ci sarà mai di male, lui mica lo capisce. Come fanno loro a non rendersi conto che senza quel pezzo di carta non puoi fare più nulla — a meno che tu non abbia i giusti agganci — è veramente assurdo.
Bah.

Quello che conta è che ha messo abbastanza soldi da parte per farsi un piccolo regalo.
Non era solito farsene, prima. Però se uno come Simone ha riconosciuto in lui qualcosa di buono, allora poi tanto male non dev’essere… ed è giusto riconoscerselo.
Tanto piccolo non è, in realtà. Di dimensioni, forse. Ma come prezzo… D’altra parte, se ai ragazzi dice di non fidarsi di quelli che te li fanno per pochi euro — magari nel garage in cui tengono motorini e auto rubate — poi non è che può fidarsi di Momo e dei capolavori che sostiene di saper realizzare solo perché gli offre sempre il caffè. Ci manca solo più beccarsi l’epatite e non poter nemmeno più annegare i dispiaceri nel buon cibo e nell’alcool.

C’ha rimuginato per settimane, su che cosa scegliere. Alla fine, si sta parlando comunque di un marchio indelebile. Un disegno? Una scritta?
Nel momento in cui si siede, però, sa che la risposta è sempre stata ovvia. Che non c’erano alternative, perché riassume tutto ciò per cui sa che vale la pena lottare. Un omaggio a chi ha saputo fregarsene dei guai annessi e connessi che sembra attirare non sapendo nemmeno bene come. A chi gli ha salvato la vita e gliene ha data pure una nuova.
Finché non si rivedranno, potrà guardarsi il polso e ricordare i loro pomeriggi in biblioteca.
O quella mattinata in camera di Simone, perché no.

“Amare te è facile” mormora, a mezza voce, quasi fosse una preghiera per rendere grazie al Cielo.

Forse lo è.

Notes:

Ultimo giorno dell'anno ed ultima flashfic su di loro, almeno in questa raccolta. Mi sono appuntata diverse altre idee per drabble/flashfic su di loro e anche per due storie potenzialmente più lunghe. Vedremo se ci sarà il tempo e la voglia ;) !

Comunque mi piaceva moltissimo anche "stretti in un istante solo" (da Due Destini dei Tiromancino) come frase per un tatuaggio, ma alla fine ho scelto quella che per Mimmo può essere più significativa.

Chapter 6: Messages from the end of the universe

Notes:

Written for the prompt #11 (Cassetto Segreto - Secret Drawer) of Maritombola 14

Chapter Text

What the heck is this drawer?
Mobius could have sworn, not just on his life or on the lives off all his variants out there — on the countless wonderful timelines that Loki made sure had the possibity to keep on unraveling — but also on every piece of key lime pie that ever existed, that it wasn’t there before this very minute.

His desk only had two drawers, but now it has three. Maybe it has something to do with his recent trip, on the timeline he had been meant for — or “kidnapped from”, to use Sylvie’s far less diplomatic definition — but didn’t feel the right fit for the the new Mobius.

The one who knew the sacrifice it took for him to be there.

If had never met Loki, perhaps… But then, if their paths had never crossed he wouldn’t have know about being a variant himself in the first place, and would be stuck in his job as TVA’s most faithful analyst, so…

Maybe. He won’t know until he opens it.
So he does. There’s not much inside, just a torn page from a notebook with something written on it.

“It was worth it, Mobius.”

Damn. It shouldn’t be enough to his heart skip a beat, but it sure is.
He has spent so much time studying that magnificient bastard that he recognises their handwriting straight away.

“Doesn’t feel like it was, Lokes” he sighs, closing his eyes and pinching the bridge of his nose.
If only he could find a way to bring them back without the whole universe collapsing on itself…

The drawer isn’t there anymore when he open his eyes again.
What the… Perhaps it had been a lucid dream, a product of his twisted mind that was trying to make him less guilty about leaving Loki all alone and not lifiting a finger to bring them back?

Like a blip in time, however, the secret drawer keeps coming back.
With its notes from Loki.

“There was no other way. No regrets here” says the next.

“I might be alone, but that’s a price I’m more than willing to pay for you all” claims the following one.

“Stop worrying about me!” commands the latest he has received.

Not going to happen.

Chapter 7: Glorious Purpose

Notes:

Written for the prompt #79 (Collegh* di lavoro - Work colleagues) of Maritombola 14

(See the end of the chapter for more notes.)

Chapter Text

There it is.
Your glorious purpose. Healing the dying branches of the sacred timeline, making sure that all variants had at a least a chance to thrive. Never again should anyone be bound to lose, written off as the villain that needs to be defeated in the end.
It ends with you.

And it doesn’t matter what it took to create this magnificient Yggdrasil, what it will take — until the end of time itself — for it to keep on flourishing.

Because, in the end, you did it for yourself. It would have killed you to see your friends enslaved to the TVA, or living a life on the run not to be pruned, so you took the matter into your hands.
You are no martyr.

Was it worth it?
They are happy. They are free. It has to be enough.

Sometimes it isn’t, and you curse yourself for failing to pinpoint when exactly they stopped being people you worked with and you started caring for them.
You wish you had more time to stroll through Chicago World’s Fair, back in 1893, and find out if Mobius had any other dreams apart from riding a jet ski.
You want to go back to his original timeline, knock on that door and meet his sons. Get to be familiar with every little detail that concerns him — no matter how insignificant… Though there’s no way you would ever call him ‘Don’.

You wonder if there’s a reason why your mind goes back to Mobius, in particular, and not to Sylvie. Or B-15, Oubie, and Casey.

Well, it doesn’t really matter anymore… Right?

Notes:

It has been ages since I last wrote something using the 2nd person narrator, I missed it. My beloved <3
I get that for many people it's the "Y/N" POV, for me it's the character talking to themselves (I speak to myself either with "I" or with "you")

Chapter 8: Lezioni

Notes:

Written for the prompt #80 (Maestrə e Allievə- Teacher and Student) of Maritombola 14

(See the end of the chapter for more notes.)

Chapter Text

There’s no need to know about poetry, or music, or philosophy. Neither to fight against Mussolini nor to be a better person. Nish met so many, who died so young, that were twice the man he can ever hope to become and barely knew how to write and read.

Still. It didn’t feel like they were on equal footing, when Gian was quite fluent in English and he barely knew the greetings and how to say “thank you” (grazie) and “you’re welcome” (prego).
So, as soon as they reach Turin he asked Gianluca to be his teacher. He chuckled at first, teasing him a little about being his pupil ever since they shared their first kiss, but then he took his new role seriously as soon he realized how much it meant to Nish.

And while their lessons on basic Italian grammar and vocabulary are far more useful than the ones about Vivaldi, Albinoni, Dante, Petrarca, Foscolo, Leopardi, Pascoli or D’Annunzio… Nish finds himself constantly asking for yet another talk about Gian’s favourite poems, or what could make him tear up in a concert hall. What makes him proud of being Italian, what makes this country worth fighting for instead of just fleeing to some other place where he could live the rest of his life in peace?

Listening to Gianluca gently read ‘La Pioggia Nel Pineto’, as if it was a bedtime story, makes Nish want to have a future in which he could walk into that rainy pineforest with him.
Will they ever be lucky enough to get there?
He really hopes so.

Chapter 9: Happy Ending

Notes:

Written for the prompt #8 of Maritombola 14: “There’s no glory in easy. No one remembers easy. They remember the blood and the bones and the long, agonizing fight to the top.” (Amelia Shepherd, Grey’s Anatomy)

Chapter Text

The past never goes away. The agonizing fight to have a right to exist, the pain and traumas they went through, none of what brought them here will ever be forgotten or buried. They can be stored in the darkest corners of their minds, though.
Alex has always been good at compartmentalizing, so most of the time it’s easy for him to focus on the happiness that came with marrying the love of his life.

There are nights, however, when the fear of losing it all keeps him awake for hours.

“Hey… Are you okay?” Michael asks, barely rising from his chest and stroking his back in a soothing motion.

Alex could lie, he kind of wants to, but what would be the point of pretending everything is fine when his husband’s can feel his heart beat so fast?
It would just cause an unnecessary rift between them.

“No, not really. I… I mean, I’m happier than I have ever been but…” he mumbles, struggling to find the words that could make Michael understand.

“… also terrified it might all turn to dust the moment you close your eyes?” he smiles fondly, holding Alex close. “Before you ask, no, I haven’t developed mind reading powers. It’s just that… The universe has rarely been kind to us, hasn’t it? So why should we believe this could last? Well, this is what I tell myself when my mind goes down that road: come hell or high water, I will fight for you Alex. For us.”

“So will I” he says solemnly, as he seals his promise with a kiss.

Chapter 10: Stammi bene

Summary:

Questa è proprio poco più una drabble, inzialmente dal brainstorming avrebbe dovuto essere Izzy/Eddie di OMFD ma poi ho optato per Francesco e Lorenzo che ci stanno comunque bene. Parte della mia Sweethearts!AU che a questo punto credo non riprenderò in futuro (anche se le fic di Skyheart85 mi fan sempre rimpiangere di non riuscirci)...

Notes:

Scritta per il prompt #54 (Cocktail D'Amore - Mahmood) della Maritombola 14

Chapter Text

Perché per stare bene / Ho bisogno di toccare il fondo?
Sono un bugiardo se / Ti faccio vedere che ho tutto sotto controllo
(Cocktail D'Amore, Mahmood)

C'è poco da fare.
Ho mandato l'ennesima relazione a puttane, sono tornato a casa ubriaco marcio e lo zio ha espresso il suo disappunto spaccandomi un labbro con la prima padella che aveva sottomano.
Eppure sono così maledettamente felice di aver toccato il fondo. Mi fa sentire in pace con il mondo, sapere di aver ricevuto esattamente ciò che merito.

Sono fatto male e forse lui è proprio la ragione per cui continua a cercarmi, a essermi amico.
Perché Lorenzo De' Medici è il patrono delle cause perse e una pericolosa tendenza a cercare di voler salvare chi non vuol essere salvato. Non lo fa tanto per buon cuore, quanto perché si è convinto di poter conquistare chiunque con il suo charme e tentare di opporsi rende soltanto la sfida più interessante per lui.

Ma io non voglio essere questo. Non voglio essere il suo ennesimo progetto da portare a termine.
Perciò maschero le crepe dietro a un sorriso e fingo di aver tutto sotto controllo.
Si tratta di resistere finché lascerò Firenze.

Dopo di che quel patetico teatrino che ci ostiniamo a chiamare 'amicizia' diventerà soltanto un lontano ricordo.
Com'è giusto che sia.

Chapter 11: Am I that unimportant?

Summary:

A drabble about Chris's thoughts at the end of S6 (you all know what happens if you've watched Charmed and that's why I didn't put the warnings in the tags)

Notes:

Written for prompt #44 ( SEE HERE) of Maritombola 14

Chapter Text

Am I that unimportant? / Am I so insignificant? / Isn't something missing? / Isn't someone missing me?
(Evanescence, Missing)

It doesn't hurt as much as Chris thought it would. Not anymore.
It's quite sad that he won't get to see mom, Phobe, and Paige one last time but he made peace with that. As usual, the fate of the whole world is at stake, so he tries to find some comfort where he can. Like hoping that his sacrifice hasn't been for nought.

Perhaps, he was meant to die. If not by his brother's hand, then by to save him from going evil.
It's the universe realigning itself, and there's no way he can fight it.
Besides, who knows if he would survive going back.
Maybe he would disappear the moment he steps into the future...

Well, at least he won't be missed that much.
Nobody is going to mourn an insignificant and neurotic half-witch half-whitelighter, right?

Chapter 12: Gelosia

Notes:

Scritta per il prompt #64 (Gelosia) della Maritombola 14 di LDF

Chapter Text

Non n'è mai andato orgoglioso, ma si è sempre detto che era più che giustificata la sua mancanza di fiducia nei confronti di Niccolò.
Come poteva stare tranquillo, considerando che quando si erano messi insieme lui stava tradendo Maddalena?
Evidentemente per lui è più facile tenere il piede in due scarpe, piuttosto che mollare qualcuno.
Poi ci si erano messi pure gli scheletri nell'armadio, in particolare uno piuttosto affascinante — oh, cazzo volete? ce li ha, gli occhi! — di nome Luai.
E non aiuta che Nico sia solare e gentile con tutti, a parte quelli che gli sembrano prendersi troppa confidenza con il suo ragazzo.

Ecco, a Marti fanno una capa tanta che è geloso fino al midollo e questo non né sano né normale e poi nessuno dice a quell'altro!
Che per carità, ha un approccio diverso alla faccenda e la sua è più un "oddio, non sono il centro del suo mondo... forse mi odia? forse lo odio?" che poi scoppia in una bolla di sapone quando gli dimostra con i fatti che non c'è persona nell'universo più importante di lui, per Martino.

Filo sbuffa, e gli dice senza mezzi termini che Niccolò sa benissimo che la sua testa parte per tangenti assurde e almeno tenta di porre rimedio alla cosa parlandone con un terapista. Martino, invece, probabilmente pensa che esser possessivi sia perfettamente normale in una relazione sana tra adulti.
Che non è vero, okay?
Non è un idiota, lo sa che non dovrebbe aver bisogno di sapere sempre dov'è Niccolò e con chi. Che non dovrebbe convincersi che tutti vogliano provarci con lui, pure gli etero e le lesbiche.

"Sarebbe anche ora di fidarsi di lui, Rose."

Facile a dirsi, decisamente meno a farsi.

Chapter 13: Giraffa

Summary:

Double drabble da 200 parole tonde tonde, senza senso perché Niccolò non voleva darglielo e io l'ho assecondato U_U

Notes:

Scritta per il prompt #38 (Giraffa) della Maritombola 14 di LDF

Chapter Text

Alla fine, a quanto pare, per cavalcare una giraffa bisognerà davvero aspettare la fine del mondo.
Nemmeno al Giraffe Manor di Nairobi ti danno questa possibilità, peccato. E allora se deve mettere i soldi da parte per la luna di miele — perché non ha assolutamente alcun dubbio che prima o poi si sposeranno — allora vuole che sia per una meta importante per entrambi. Difficile capire quale sia per Martino, a cui andrebbe bene anche una pensione da una stella a Ostia perché gli basta che non ci sia un cazzo da fare dalla mattina alla sera... ma prima o poi ne verrà a capo.

Che poi, ormai, non è nemmeno più così fissato con le giraffe. Quando erano soltanto una cosa loro, okay. Ma poi i loro amici hanno intuito qualcosa, cominciando a far loro dei regali a tema, e hanno perso un po' del loro fascino.
Sì, in questo lui e Martino un po' si assomigliano: quando le cose diventano di dominio pubblico è tempo di lasciarle andare.
Quasi quasi si converte ai delfini. O ai pinguini. Non crede che Benni abbia scritto citazioni che li contempli, ma pazienza.

Chissà se si può fare una nuotata con loro.
Dovrà informarsi.
Presto.

Chapter 14: Cold

Notes:

Written for the prompt #82 (hypothermia) of Maritombola 14

Chapter Text

Will he ever stop feeling cold?
Will he ever stop dreaming falling into that frozen lake, unable to get back to the surface?

Sometimes, his stupid brain craves for more than sweatshirts, jumpers, heaps of blankets or the warmth of Carlos' body. Especially after his body was reminded of the effect oxy can have, thanks to Sadie.

He never listens, he never gives in to that urge and calls Cooper instead. Thankfully, it didn't take too long for his fiancé to understand that his sponsor isn't a threat to their relationship and that healing is a process that TK has to go through on his own terms.

Some days are harder than others.
TK is grateful that the consequences of yet another near death experience aren't physical. That he can still do his job and save other lives, but... It's exhausting.

So, yeah, maybe the answer is "no".
The cold is here to stay.

Chapter 15: I'm only human after all

Notes:

Scritta per il prompt #9 della Maritombola 14

Chapter Text

“Now I realize that there is no righteous path; it’s just people trying to do their best in a world where it’s far too easy to do your worst.” (Castiel, Supernatural)

Non l'avrebbe mai detto, mai neanche lontanamente immaginato – benché sia fermamente convinto di aver una creatività a dir poco eccelsa – ma alla fine gli hanno insegnato più Eleanor, Chidi, Jason e Tahani di quanto abbia imparato in millenni di esistenza come demone.

Che il bene e il male non son poi concetti così assoluti come pensava, prima di tutto.
Che le persone vanno indirizzate, sostenute, verso azioni moralmente apprezzabili. Perché spesso è essere stronzi che paga e chi è gentile rimane fregato.

A Michael non dispiace farsi fregare, se ha la consapevolezza di aver svoltato la giornata ad almeno una persona.

Piccole, insignificanti, realizzazioni per cui è valsa la pena rinunciare all'immortalità... No?